Ciao, negli ultimi anni il Partito Radicale ha dovuto giocoforza affrontare, insieme alle sfide date dall'evolvere della situazione politica nazionale e internazionale, anche una serie di mutamenti e adattamenti, fin dal Congresso di Rebibbia, convocato all'indomani della morte di Marco Pannella. E lo ha fatto perché, semplicemente, il Partito Radicale era e continua ad essere vivo. Dopo anni, dal Congresso del luglio scorso ad oggi siamo riusciti a creare una minima struttura che ci ha consentito in questi mesi di portare avanti molte iniziative e - come tutti ben sappiamo nessuna attività è mai a costo zero - sempre nell'attenta gestione delle ben scarse risorse a nostra disposizione. Abbiamo tenuto con ostinazione il timone sulle grandi questioni sociali che riguardano la giustizia e il carcere, la campagna per il referendum contro il taglio dei parlamentari, l'informazione, e non abbiamo perso occasione o indietreggiato di fronte a situazioni che hanno visto in pericolo lo Stato di Diritto, questione sulla quale continuiamo a sollecitare il Presidente della Repubblica. Fra pochi giorni sarà il 25 aprile, il nostro 25 aprile. Ci prendevano per matti quando con Marco esponemmo la stella gialla e quando parlavamo e parliamo di “peste italiana” e scrivemmo "il libro giallo”. E come Marco prevedeva la peste dell’antidemocrazia ha non solo invaso l’Europa ma l’intero mondo. Ora il quadro del nostro agire politico, come quello delle vite di tutti, si trova ancora di più davanti a una urgente necessità di reazione. La pandemia in corso sconvolgerà molte esistenze. Sul piano personale e, ineluttabilmente, sul piano economico dei paesi più colpiti, per prima l'Italia. Ma ad essere in pericolo, come da tempi immemorabili, saranno anche e soprattutto le nostre libertà, quei diritti conquistati spesso grazie anche alle nostre lotte radicali. Il rischio è di tornare indietro di decenni, mentre sembrano diventare sempre più labili, di fronte a un'emergenza sanitaria ed economica, i sentimenti che avrebbero dovuto invece spingere ancora di più verso gli Stati Uniti d'Europa. Nel paese, da settimane vediamo fiorire idee e proposte di nuove forme di contenimento da attuare con ogni mezzo, di controlli amministrativi che prevedono l'utilizzo di droni, di braccialetti, di applicazioni di tracciamento, schedature e controllo delle celle telefoniche. Riepilogando, dal 23 febbraio al 25 marzo sono stati presentati 7 decreti-legge, 8 decreti del Presidente del Consiglio, 2 delibere del Consiglio dei ministri, 19 ordinanze del capo dipartimento della protezione civile, 2 ordinanze del ministro della salute, 2 direttive del ministro della pubblica amministrazione, un decreto del ministro dello sviluppo economico, una circolare del ministro dell'interno; e poi c’è il corollario di ordinanze regionali e avvisi comunali. E come se non bastasse, il Parlamento che opera in forma ridotta per decisione di maggioranza e opposizione. Se un tale uso dell'autorità pubblica, che ha ormai invaso in maniera mai prima concepibile la libertà privata di ogni cittadino, dev'essere inevitabile in un momento straordinario come questo, non ci si può non interrogare sul fino a quando e fino a che punto le nostre libertà potranno essere limitate? E se si rischia il carcere per chi non rispetta i vincoli imposti dai vari DPCM, chi può escludere che a breve anche la libertà di espressione, l’esprimere finanche un dubbio, non sarà reato? Vogliono farci credere che è una guerra e si comportano come se fosse una guerra, ma è una pandemia sanitaria che va combattuta superando il divorzio tra scienza e politica, come auspicava da tempo Pannella, e non desertificando la democrazia, ma coltivandola. L'incertezza e la confusione istituzionale sulle misure adottate ci allarmano e ci pongono degli interrogativi importanti. Queste disposizioni avranno un limite o invece si proseguirà con il moltiplicarsi di disposizioni amministrative e non legislative che, alla fin fine, come altre volte è accaduto, possono diventare prassi, minando i diritti costituzionali di ognuno? Sull'emergenza sanitaria, sociale e istituzionale che rischia di esplodere come una polveriera, grava, come si diceva, un macigno economico che sta già rovinando sulle nostre teste. Noi siamo i primi a sentire la difficoltà e probabilmente l'impraticabilità nel chiedere di sostenere ora più che mai il partito del diritto e delle libertà. Come tutti, anche il Partito non è certo immune a questa crisi, che ci ha costretto a lavorare da casa e ad assistere all'inevitabile riduzione dell'autofinanziamento, che solo di autofinanziamento il Partito vive, tanto che in queste condizioni sarà difficile poter superare il prossimo mese di giugno. Tenteremo fino all'ultimo di salvaguardare il tesoro prezioso che è il Partito, di questo statene certi, ma crediamo sia doveroso portarvi a conoscenza del fatto che proprio nel momento del rilancio dell’iniziativa politica, il coronavirus nel limitare e nel mettere in pericolo le vite e le libertà personali di ciascuno di noi, può avere l’effetto collaterale di mettere in discussione la presenza di questo ultimo, piccolo isolotto di libertà e liberazione. Un abbraccio, Maurizio Turco e Irene Testa Segretario e Tesoriere Partito Radicale
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