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Policicchio: Perché e come,nel 1806,i Napoleonidi invasero il Regno di Napoli
Policicchio: Perché e come,nel 1806,i Napoleonidi invasero il Regno di Napoli
Dopo un lungo lavoro diplomatico, il 21 settembre 1805, il marchese di Gallo, Maurizio Mastrilli, (1753 - 1833) ambasciatore straordinario della corona borbonica a Parigi, col ministro francese Talleyrand, concluse una convenzione a mezzo della quale il Re di Napoli sarebbe rimasto neutrale nella guerra fra la Francia da un lato, e dall'altro Inghilterra, Austria e Russia. In compenso Napoleone avrebbe ritirato i suoi uomini dal Regno di Napoli, dal 1803 presenti a Otranto e Taranto.
Il trattato veniva ratificato l'8 ottobre 1805 anche se un mese prima, all'insaputa del Mastrilli, Ferdinando IV si era impegnato segretamente, col ministro russo Tatitschef, in un patto contro la Francia (Terza coalizione). Avrebbe dovuto marciare, con un esercito di trentamila uomini, contro Napoleone, appena le truppe francesi avrebbero lasciato il Regno.
Poco dopo aver sottoscritto il detto trattato di neutralità ed appena allontanatesi le truppe francesi dal Regno di Napoli, truppe russe salpate da Corfù e truppe inglesi salpate da Malta, sbarcarono a Napoli con l'intento di liberare, unitamente all'esercito del Borbone, il nord dell'Italia occupato dai francesi. Ma giunta improvvisa la vittoria riportata da Napoleone ad Austerlitz, (2.12.1805) lo sbarco a Napoli delle flotte straniere compromise irrimediabilmente la corona di Napoli.
Con la pace di Presburgo, (26.12.1805) l'imperatore francese si svincolava dalle preoccupazioni del nord dell'Italia. L'Austria cedeva il Veneto al Regno d'Italia e la Dalmazia e l'Istria alla Francia. Il giorno dopo Napoleone, col proclama di Schoebrum, dichiarava decaduta dal trono di Napoli la casa Borbone ed ordinò al maresciallo Massena, al seguito del fratello Giuseppe, di occupare il loro Regno. Alla preannunciata invasione, russi ed inglesi, decisero la ritirata. I russi rientrarono a Corfù e gli inglesi si ritirarono in Sicilia lasciando due fregate nel porto di Napoli per portare il Re in Sicilia ove ve ne fosse stato il bisogno.
Dichiarata la guerra e dopo che i francesi, a Bologna, riunirono un'armata per marciare su Napoli, Giuseppe Bonaparte, scendendo dalla via Flaminia fece pubblicare un manifesto in cui diceva:
La vostra corte dopo di aver conchiuso un trattato di neutralità ha aperto i suoi stati agl'inglesi ed ai russi. L'imperatore Napoleone la di cui giustizia è pari alla possanza vuole dare un grand'esempio comandato dall'onore della sua corona, dall'interesse de' suoi popoli, e dalla necessità di ristabilire in Europa il rispetto che si deve alla fede pubblica. L'armata che io comando marcia per punire questa perfidia, ma voi non avete di che temere. I soldati francesi sono vostri fratelli.
Al risoluto avanzare dei francesi, il 24 gennaio 1806, a bordo del vascello Archimede, con mare tempestoso, il Re Ferdinando IV, come aveva già fatto nel 1799, veleggiò ancora una volta ritirata (per non dire scappò da Napoli), e riparando in Sicilia lasciò, a difesa della capitale, una reggenza. Così per l'armata francese l'occupazione del regno di Napoli fu cosa da poco, un viaggio trionfale, frutto del tradimento di Ferdinando IV.
Il regno si pose in allerta e gli echi di guerra giunsero anche nel golfo di Policastro. Alessandro Mandarini, di Maratea, già con buoni rapporti a corte, dal Conte di Thun fu nominato "Provveditore di mare" con le seguenti motivazioni:
Esigendo il Real Servizio, che si portino in codesti luoghi de' bastimenti sottili di questa Real marina, mi veggo nel caso di raccomandare a V.S.Ill. di spiegare tutto il zelo possibile, ed il cognito di lei attaccamento alla Real Corona, onde prestarsi a tutto ciò, che possa occorrere a' comandanti dei suddetti legni, e specialmente per facilitare la reciproca corrispondenza tra' medesimi, ed i corpi dell'esercito, onde non vengano ritardati tali interessanti vicendevoli rapporti, facendosi rimborsare da' Comandanti stessi la somma, che a tal'uopo erogherà; ed occorrendo a' medesimi di fare de' viveri, si adopererà Ella, perché essi ne siano provveduti, pagandone però l'importo da' fondi di cassa espressamente fornitili. Intanto, viene ora in coteste acque la galeotta Attiva, e due filugoni, comandati dal Tenente di Vascello Don Ferdinando Anguissola, e vi verrà in seguito l'altra galeotta La Veloce, per cui non dubito, ch'Ella presterà a' Comandanti di esse tutta l'assistenza, ch'è possibile, coadiuvandoli in tutto ciò che riguarda la di loro commissione. Con tale fiducia mi dichiaro con piena stima di V.S.Ill.
Il Mandarini non mancò di dare soccorso ai legni pervenuti, principalmente nel porto di Sapri.
Dei suoi esiti, sostenuti e documentati, ne andò poi creditore anche dopo la restaurazione e, come riconoscenza e ricompensa, fu nominato Intendente della Calabria Citra (Cosenza).
Il principe ereditario, nominato vicario con l'unica consegna di resistere all'invasore, alla testa dell'esercito, si ritirò ai confini calabro lucani sperando di infiammare gli animi e mobilitare le popolazioni facendo leva sul fanatismo, religioso e dinastico, incitando all'insurrezione poiché il marchese Rodio, con lettere del 7 e 24 novembre 1804 assicurava alla corte di Napoli che la Basilicata e la Calabria erano pronte alla sollevazione contro la Francia (lettere che probabilmente spinsero il Re a stringere il patto segreto con gli inglesi e russi) e che dalla prima si potevano sperare 18.000 uomini mentre dalla seconda 90.000. Ma ciò che avvenne al seguito del Cardinale Ruffo, nel 1799, non si verificò.
La Reggenza, rimasta a Napoli, per frenare l'invasione, non potendola contrastare con la forza, tentò la diplomazia. Chiese un armistizio di due mesi. Ma avutone un netto rifiuto, ai napoleonidi propose - per la pubblica quiete e con la condizione che la popolazione della capitale venisse rispettata e risparmiata - la cessione delle piazze forti ed i fortilizi della capitale. Offrendo libera la Piazza di Capua e le fortezze di Napoli chiesero pure un armistizio di dieci giorni per dar tempo al Principe ereditario di ritirarsi in Sicilia.
La Reggenza rese pubblico un editto con cui si informava il popolo sulla forza estera che si approssimava al Regno, ordinava di rispettarla, di non opporsi in qualunque modo alla sua entrata, né di usarle insolenza, minacciando di punire militarmente i trasgressori. L'accordo, fatto per evitare la guerra, fu considerato tradimento da chi era assente da Napoli.
Trovata la capitale senza difesa i francesi vi entrarono indisturbati il 14 febbraio 1806 e fu instaurata la luogotenenza del principe Giuseppe Bonaparte funestata, i primi due anni, dalla guerriglia, o brigantaggio, anglo borbonica diretta, da Palermo, dal re Ferdinando IV.
(Ferruccio Policicchio)



Gioacchino Murat (1767 - 1815)
Re di Napoli e maresciallo di Napoleone
(Fare clic sull'immagine per ingrandire)





Stemma del regno di Napoli al tempo di Giuseppe Bonaparte
(Fare clic sull'immagine per ingrandire)


Inserito da Golfonetwork sabato 15 maggio 2021 alle 13:26


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