
Giuseppe Petrosino s'imbarcò, sul piroscafo "Duca di Genova", il 9 febbraio 1909 a New York e giunse a Genova il 20 seguente. Da Genova proseguì in treno per Roma da dove spedì, al fratello Vincenzo, una missiva in questi termini concepita: "Roma-Italia 21 febbraio 1909. Carissimo fratello, credo ti sorprendi quando sentite che io mi trovo in Roma per affare secreto, non fate sapere niente a nessuno che in poco tempo ti vengo a trovare. Quando io vengo ti avviso con telegramma. Da nuovo ti ripeto di non far sapere niente a nessuno, nemmeno a tua moglie. Ti saluto caramente uniti ai tuoi figli e tua moglie. Saluto il fratello Michele con famiglia tuo aff.mo fratello Giuseppe. Sono arrivato oggi a Roma". A Roma sostò qualche giorno e venne casualmente riconosciuto da un giornalista che conobbe a New York il quale gli fece visitare diversi monumenti, fra cui la Basilica di S. Pietro. Il fratello Vincenzo mantenne scrupolosamente il segreto, ma già da qualche giorno si seppe ugualmente in Padula dell'arrivo del poliziotto in Italia per notizia data dal giornale "Il Pungolo". La mattina del 26 febbraio, sempre al fratello Vincenzo, fu recapitato un telegramma col quale Joe annunziava il suo arrivo a Padula col treno delle 13.55 dello stesso giorno. Si recarono a riceverlo alla stazione oltre ai due fratelli Vincenzo e Michele, barbiere il primo, sarto il secondo; il cugino Gaetano Arato, muratore che, non riconoscendolo (Joe era partito all'età di 13 anni nel 1873) si mostrò verso di lui diffidente fino a quando non gli fu presentato dai fratelli. Si era fermato a Napoli ed aveva alloggiato all'hotel "Lourdes" e pare che da Napoli a Padula abbia viaggiato con un tal Volantino, un ex Capitano dei Regi Carabinieri di Montesano. Insieme a lui a Padula, dal treno, scesero altri due che non lo riconobbero anche se diversi viaggiatori, durante la sosta in stazione, si sporsero dai finestrini guardandolo con curiosa insistenza. A Padula si mostrò irritato quando seppe che "Il Pungolo" aveva già dato notizia del suo arrivo. Si trattenne in famiglia fino alle ore sette del giorno seguente promettendo che sarebbe tornato dopo qualche mese. Comprò un biglietto per Sicignano e ai parenti che gli domandarono dove fosse diretto rispose: "Forse vado a Messina". Durante la sua permanenza a Padula non volle assolutamente dire a nessuno lo scopo della sua venuta in Italia, e nemmeno volle parlare del suo viaggio. Varcò lo stretto e venne ucciso, barbaramente a Palermo, il 12 marzo. (Ferruccio Policicchio)
 Joe Petrosino
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