Il 21 gennaio di quest’anno ricorre il centenario della fondazione, a Livorno, del Partito Comunista “d’Italia” che poi diventerà “Italiano”. In meno di un secolo questo partito è scomparso (e già da tempo) al punto che le nuove generazioni ignorano il tema e i principi che avevano ispirato la nascita, e determinato la crescita, di questa importante, e per me fondamentale, esperienza politica. Ritengo però necessarie due premesse, la prima è che esistono varie stagioni di quel partito che ne hanno caratterizzato la sua storia: dal partito d’azione, rivoluzionario dell’inizio, quindi selettivo e di avanguardia, al partito nuovo di Togliatti, di massa, che non si poneva più solo come critico e oppositore del fascismo, ma decideva di intervenire concretamente nella vita del paese attraverso la conquista della maggioranza. La seconda premessa è che io posso solo evocare quel periodo che ho conosciuto personalmente e cioè quello che va dal ’68 (vedi foto di Mimmo Iodice allegate) alla fine del partito e che passa dalla trionfale approvazione dello “statuto dei lavoratori” alla infelice frase “noi abbiamo le mani pulite” (foto allegata). Quel periodo, cioè, di massima crescita del partito con lo straordinario successo alle elezioni amministrative e regionali del 1975, con le elezioni politiche del 1976, con la proclamazione a maggior partito politico alle elezioni del 1984, con la stagione delle BR, con l’omicidio Moro del 1978, con il suicidio nel 1989 e con lo scioglimento definitivo nel 1990; in una parola quel periodo del “compromesso storico” e quindi di Berlinguer (1972/1984). Devo anche aggiungere che io personalmente non ho mai partecipato attivamente alla vita del partito (l’ho sempre e solo appoggiato a livello elettorale); in un certo senso potrei definirmi “comunista” a prescindere dal partito. Proprio per questo, ricordo che un giorno d’estate, in paese, a tavola, uno dei miei figli, Gabriele, mi chiese: “papà, che significa essere comunista? Qui a Torraca mi hanno detto che tu sei un comunista: che vuol dire?”. Io fui preso di sorpresa perché effettivamente mi resi conto che era difficile far comprendere a un ragazzo di 10/11 anni cosa fosse la lotta di classe che era la base ideologica di quel partito politico. Per me che sono del 1955 era stato più semplice comprendere e vedere con gli occhi la disparità esistente tra classi sociali che quel partito si riprometteva di eliminare o quantomeno avvicinare il più possibile. Io a Torraca all’età di Gabriele vedevo il contadino analfabeta che viveva del suo lavoro coltivando la terra e mangiando quello che riusciva a raccogliere; io vedevo che le periferie delle città erano diverse dal centro; le prime, luoghi degradati in cui vivevano i poveri e gli emarginati, le seconde, luoghi in cui si respirava la sicurezza rassicurante e l’agio della classe borghese. Io vedevo gli operai veramente emarginati e sfruttati, privi di qualsiasi tutela sul posto di lavoro, direi “moderni schiavi”, e vedevo che il medico era sempre il figlio di un medico così come per l’ingegnere e per l’avvocato. Oggi, invece, anche in paese non esistono più quelle realtà. Gabriele invece del contadino torrachese avrà visto al massimo gli extracomunitari coltivare la terra ed essere sfruttati dalla classe dei padroni; avrà visto al posto degli operai delle fabbriche stanchi, i poveri extracomunitari nei pressi delle stazioni delle grandi città ai quali si legge in faccia la stanchezza e la tristezza per aver trascorso turni di lavoro di 12 e più ore; oggi le periferie e i centri si rassomigliano e, perfino nell’abbigliamento, non si vedono più differenze sociali degne di essere combattute. Ci sono, però, ancora e come, queste ingiustizie sociali! Solo che questa nuova realtà non appare o meglio è occultata dalla grande informazione propagandistica nelle mani del grande capitale. Nella sostanza oggi c’è, forse, più distanza sociale di ieri tra classi e questo perché la lotta di classe l’hanno vinta i possidenti, in particolare l’ha vinta il capitale parassitario-finanziario speculativo. Questi nuovi, ma in un certo senso eterni, padroni del mondo quali risorse assicureranno alle masse di uomini sempre più emarginati dalle nuove tecnologie che abbattono la manodopera? NON ESISTONO E NON POSSONO ESISTERE NÉ GIUSTIZIA, NÉ LIBERTÀ POSSIBILI QUANDO È IL DENARO A FARLA DA PADRONE. Allora dissi a mio figlio che il partito comunista in cui io avevo creduto era un partito proteso a organizzare masse e a fare proselitismo nel nome di idealità e programmi e a rifondare materialmente e moralmente nel nome di principi di giustizia una società che veniva fuori da una guerra e da un ventennio che l’aveva distrutta. A lui che ha fatto l’Erasmus gli dissi che io avevo creduto a quell’internazionalismo di cui parlava il PCI che era una caratteristica di quel partito ma che oggi sotto la sigla “europeismo” è diventato l’internazionalismo dei benestanti. Oggi si può essere comunisti degli extracomunitari, oggi è quella la “classe” sociale che rivendica l’aspirazione a condividere parte della ricchezza attraverso la migrazione verso l’Europa o altri capisaldi della ricchezza. Sono loro i nuovi schiavi verso i quali si ergono i nuovi muri che però “cadranno tutti” come afferma saggiamente e in maniera politica corretta Papa Francesco. Per comprendere il Partito Comunista bisogna avere, allora, ben chiaro il concetto di classe operaia e di popolo. Queste due entità riescono a mettere insieme gli operai delle industrie e i contadini (l’alleanza operai-contadini di cui parla Gramsci) e poi ancora dopo, nel ‘68, gli studenti per farli diventare tutti “lavoratori” in generale. Questo è stato il Partito Comunista: il partito che può definirsi portavoce della classe operaia e delle “aspirazioni delle grandi masse”. Oggi ha perso. E’ stato sconfitto il disegno di libertà contenuto nel “Manifesto” del 1848 e ha vinto chi se la passa meglio. A fronte di un partito in cui il capo e i dirigenti erano selezionati sulla scorta di ciò di cui erano capaci di fare nella prassi e non a chiacchiere, si è passati alla occupazione dello spazio politico da parte di chi ha i soldi o è raccomandato. La politica, perciò, è diventata sempre più americana e la burocrazia sempre più lobbistica. I principi e la pratica democratica che sembrano essere aumentati ai nostri giorni, in realtà non entrano nella vita economica e si fermano a mere petizioni di principi astratti. Per capirci meglio, sarebbe meglio, ad esempio, una attenzione non così spasmodica della privacy a vantaggio di una migliore e più concreta azione sociale volta ad aiutare i bisognosi. Oggi non esistono più Partiti e questa parola è addirittura scomparsa nelle denominazioni degli schieramenti politici: Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega Salvini, Movimento 5 Stelle, Verdi, vivono intorno a un leader senza programmi e rincorrono le indicazioni dell’opinione pubblica che indirizzano sapientemente con miti consumistici e con propaganda attraverso i media. Le domande finali allora sono le seguenti: ci sarà un nuovo partito comunista? E, ancora: sarebbe necessario e utile un nuovo partito comunista? (Giovanni Falci) (Foto di Mimmo Iodice)
(Foto di Mimmo Iodice)
Avv. Giovanni Falci
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