La trentennale guerra tra politica e magistratura ha prodotto l'ennesima ferita. Le dimissioni del governatore della Liguria Toti, dopo 80 giorni agli arresti domiciliari, evidenziano ancora una volta quanto le indagini in corso e la pressione che ne deriva, rappresentino un determinante strumento di coercizione. È incredibile che un cittadino solamente indagato sia alla fine costretto a dimettersi perché, sostanzialmente, posto di fronte a un bivio, la libertà o una supposta confessione. Nella ricerca spasmodica del reato, perché è chiaro che della pistola fumante non c'è traccia, la cosa certa è la limitazione della libertà personale per un uomo che è sì un rappresentante delle istituzioni, ma non per questo merita una condanna preventiva, se in un sistema di diritto vale ancora la presunzione di innocenza. Inutile dissertare sul fatto che, come accaduto più volte in passato, potrebbe tutto risolversi in una bolla di sapone; l'auspicio, piuttosto, è che la politica non si genufletta supinamente e opportunisticamente, a seconda delle convenienze, all'onda giustizialista (anche se a leggere alcune dichiarazioni la speranza è mal riposta), ma sappia ricercare la giusta via d'uscita al cortocircuito che si determina in simili circostanze. Ma purtroppo abbiamo la ragionevole certezza che ci sarà una prossima volta. (Pietro Scaldaferri - Coordinamento Golfo di Policastro-Azione) Pietro Scaldaferri
Giovanni Toti
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