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Sicilì: tornano le note dei concerti bandistici in piazza
SICILI' DI MORIGERATI - Due straordinarie e coinvolgenti bande saranno protagoniste nella piazzetta Umberto I di Sicilì del consueto appuntamento con i concerti bandistici di fine estate. Il primo concerto si terrà questa sera, 22 agosto, in piazza Umberto I a Sicilì con il Gran Concerto Bandistico Città di Gioia del Colle, diretta dal Maestro Rocco Eletto. La suggestiva cassa armonica allestita a Sicilì ospiterà il 24 agosto il Gran Concerto Bandistico Città di Conversano con il Maestro Susanna Piscetti. Gli eventi sono promossi e organizzati dal Comune di Morigerati. La rassegna giunge alla 23° edizione. La prima si è svolta a Sicilì nel 1996 per volontà del vicesindaco Cono D’Elia, negli anni è diventata un riferimento importante, unico nel Cilento, che nel 2017 ha visto anche un importante finanziamento regionale che ha permesso alla manifestazione di trasformarsi in una capitale della musica con cinque serate bandistiche che hanno coinvolto anche Morigerati. L’obiettivo è favorire la produzione e diffusione della cultura musicale e bandistica nei piccoli borghi dell’entroterra, palcoscenici naturali ideali. (Marianna Vallone)
Villammare: rinviata presentazione Saggio di Gianfrancesco Caputo
La prevista presentazione del Saggio di Gianfrancesco Caputo "COMUNITA' E SOCIETA' DEL CONSUMO", in calendario Giovedì 22 Agosto a Villammare, nell'ambito della Rassegna "Incontri con l'Autore" è stata RINVIATA a data da destinarsi, per sopravvenuti problemi organizzativi. (Staff Associazione Culturale Proudhon)
Morte di Simon Gautier: il risultato dell'autopsia
Sapri- E' stata effettuata nel primo pomeriggio l'autopsia (durata due ore) sul corpo di Simon Gautier. L'esame, eseguito dal medico legale Adamo Maiese, alla presenza del medico di parte, del Procuratore della Repubblica Ricci, del legale della famiglia Gautier e del Comandante dei Carabinieri di Sapri, ha stabilito che il giovane francese è morto per uno shock emorragico (shock ipolovemico) causato dalla lesione dell'arteria femorale in seguito alla rovinosa caduta. Dopo la richiesta di aiuto al numero di emergenza, è rimasto vivo al massimo per 45 minuti, poi il decesso. Gli esami istologici saranno effettuati nei prossimi giorni. La salma è stata liberata dal Procuratore e domani sarà trasferita in Francia.
PNCVDA: Tragedia di Simon Gautier, basta mistificare la realtà
Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni - Tragedia di Simon Gautier “Non c’è nessun sentiero del Parco in quell’area. Basta mistificare la realtà”
Rispettare la morte di un giovane significa anche preferire il silenzio alla mistificazione della realtà solo per il gusto di parlare e di apparire, gettando fango sul lavoro di altri. Si è parlato di sentieri del Parco, senza nemmeno sapere che in quell’area non esiste alcun sentiero del Parco, ignorando totalmente che l’Ente non è proprietario di alcun sentiero, sicchè non ha alcuna competenza per la manutenzione o la segnaletica. Non possiamo consentire che la lotta quotidiana e incessante contro l’abusivismo edilizio - dimostrata dal numero di ordinanze di demolizione adottate, l’attenzione contro il fenomeno dello smaltimento incontrollato dei rifiuti, l’opera collettiva che stiamo portando avanti con tutti i Comuni sia scalfita da tentativi maldestri e volgari di fare speculazione su una disgrazia. Agiremo personalmente e patrimonialmente contro tutti i responsabili di questo indegno sciacallaggio. Voler addebitare a qualcuno, la morte di un giovane, che per sfortuna e imprudenza è andato incontro ad un destino crudele, è decisamente vergognoso. Abbiamo già provveduto a querelare chi sta tentando, evidentemente in malafede, di legare il nome del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni alla tragedia di Simon Gautier, dicendo falsità assolute. La morte di Simon colpisce e rammarica tutti, ma strumentalizzarla additando questo o quel responsabile offende il lavoro di decine di soccorritori e volontari che non si sono mai risparmiati, ai quali va la nostra gratitudine. Il Parco, in collaborazione con le più importanti Associazioni escursionistiche, è impegnato da tempo a lavorare alle mappatura dei sentieri, quelli reali, quelli veri, quelli esistenti, proprio per garantire escursioni sicure e ben segnalate, certamente tanto c’è ancora da fare soprattutto in considerazione della vastità del nostro Territorio. Cogliamo l’occasione, inoltre, per precisare che mai ci sono state nel Territorio del Cilento immissioni di lupi, come è stato erroneamente riportato da alcune testate locali e nazionali. Qualcuno ha azzardato addirittura l’ipotesi che il giovane possa essere stato attaccato dai lupi, ovviamente notizia del tutto infondata. Il Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni continuerà la sua opera di tutela, valorizzazione e messa in sicurezza del Territorio, a prescindere da quegli sciacalli pronti ad inventarsi di tutto pur di danneggiare la nostra Area Protetta. (Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni)
Torraca: «Il Cilento tra rivoluzione e tradizione»
TORRACA (SA) – La sera dell’11 agosto 2019, nell’incantevole scenario del Castello Baronale Palamolla, si è tenuto un importante incontro-dibattito dal titolo "Il CILENTO TRA RIVOLUZIONE E TRADIZIONE".
L’iniziativa voluta dal sindaco Domenico Bianco ha visto contrapporsi due “schieramenti”: i pro Borbone e i “rivoluzionari”. Per i Borbone hanno preso la parola appassionatamente il Giudice Eduardo Vitale Presidente della XII sezione civile del Tribunale di Napoli, l’avv. Ennio Apuzzo di Castellammare di Stabia, Silvestro Oliva di Lagonegro, il prof. Vincenzo Gulì di Napoli; per i rivoluzionari l’avv. Franco Maldonato e il prof. Vincenzo Abramo di Vibonati. L’avv. Giovanni Falci si è dichiarato battitore libero perché convinto anti Pisacane ma anche anti Borbone. Ha moderato l’incontro da par suo e non è stato facile per la verve che ha animato soprattutto i pro-borbonci, Antonella Grippo, giornalista e opinionista della Rai. La discussione su Carlo Pisacane (rivoluzionario e patriota italiano – 1818/1857) e la sua missione ovvero sull’attività politico padronale della dinastia dei “Borbone” (estintasi praticamente con l’unità d’Italia del 1861) appassiona da sempre la nostra società letteraria ed intellettuale; convegni, dibattiti, prese di posizione, scontri anche dai toni molto forti non si contano in giro per il Mezzogiorno d’Italia, abbondano soprattutto nel Cilento e zone limitrofe in cui sia Carlo Pisacane che Giuseppe Garibaldi passarono per dar vita alle loro imprese di patrioti o di semplici avventurieri. La storia è ancora ben determinata e consolidata su come definire le due imprese, quella dei garibaldini e dei trecento, e le correnti di pensiero (come dicevo) sono almeno due che si contrappongono con una certa vivacità; alle stesse due cosiddette imprese andrebbero poi aggiunte tutte quelle posizioni e scelte politiche locali che già si contrapponevano radicalmente tra loro e tra paese e paese. Insomma una storia recente difficile da scrivere con estrema sicurezza. La stessa cosa è accaduta domenica sera 11 agosto nel contesto del convegno “Il Cilento tra rivoluzione e tradizione” tenutosi a Torraca. Il commento giornalistico, il mio commento, potrebbe chiudersi qui per lasciare ad ognuno tutta la libertà possibile nel ricostruire mentalmente quel periodo storico-politico-popolare al fine di formarsi una personale convinzione su quale linea di pensiero basare per il futuro i propri ragionamenti. E’ importante, però, riportare qui di seguito due tra gli interventi che ritengo di maggiore importanza dell’intero convegno; alludo al pensiero dell’avv. Giovanni Falci (notissimo avvocato penalista del foro di Salerno) e dell’avv. Franco Maldonato (altrettanto noto penalista del foro di Lagonegro-Sala Consilina); due pensieri che soltanto all’apparenza sono diversi (il primo indipendente e il secondo pro-rivoluzionari) ma che nella sostanza possono facilmente essere integrati in quell’amore spassionato e convinto che i due nutrono nei confronti del Cilento e delle loro rispettive terre di nascita.
Avv. Giovanni Falci: Il titolo dell’incontro di oggi “CILENTO TRA RIVOLUZIONE E TRADIZIONE” mi pone in una situazione di disagio perché l’uno e l’altro termine rimandano alla “STORIA”, disciplina con la quale non ho molta dimistichezza. Allora cercherò di dare un mio contributo con dei semplici flash. Iniziamo dal CILENTO che personalmente amo perché lo colloco fuori dalla storia. Nelle città ci sono troppi rumori del passato. Un orecchio esercitato vi percepisce la vertigine dei secoli; si sentono le rivoluzioni, la gloria; si ricordano i clamori e questo sicuramente non fa silenzio. Nelle città gli uomini sono accompagnati da secoli di storia e di bellezza, ma viene un momento in cui si ha la necessità di restare soli con se stesso: “a noi due!”. Per me questo avviene a Torraca e non vi nascondo che sarei stato felice se Pisacane fosse sbarcato ad Ascea così da non sentirsene contagiati. In realtà ho una mia personale IDEA DELLA STORIA che è legata alla persona dello storico il quale invece che “MOSTRARE SEMPLICEMENTE COME LE COSE SONO ANDATE“, raccoglie i fatti accertati (nei documenti, nelle iscrizioni,…), e li presenta nel modo che preferisce. Allora la prima domanda non può che essere MA COS’È UN FATTO STORICO? Qual è il criterio per distinguere i fatti storici dagli altri fatti del passato? E’ lo storico a decidere quali fatti debbano essere presi in considerazione, in quale ordine ed in quale contesto; PRATICAMENTE GIUDICA DEGNI DI MEMORIA QUELLI CHE CONFERMANO LA PARTICOLARE CONCEZIONE A CUI, PIÙ O MENO CONSAPEVOLMENTE, ADERISCE. A proposito di PISACANE E DELLA SUA MORTE, ci sono storici che riportano che forse fu ucciso da Sabino Laveglia, capo urbano della guardia cittadina di Sanza; secondo altre versioni dell’episodio Pisacane fu ucciso dai soldati Borbonici; mentre secondo un altro diverso resoconto, Pisacane e Falcone, feriti gravemente e in procinto di essere uccisi, si suicidarono con le loro pistole. Vedete che allora ad ogni diversa ricostruzione si collega un diverso giudizio sulla persona. Questo avviene perché “LA STORIA È NECESSARIAMENTE SOGGETTIVA PERCHÉ L’UOMO OSSERVA SE STESSO”. Se così non fosse questa sera non saremmo qui con idee contrapposte. Se fosse, cioè, regolata da principi ermeneutici scientifici, non ci sarebbe spazio per ipotesi diametralmente opposte. Altro aspetto importante che mi sembra opportuno sottolineare per sgomberare il campo da facili polemiche o meglio ancora da querele, è che allo storico non è richiesto di esprimere GIUDIZI MORALI SULLA VITA PRIVATA di personaggi storici, vizi e virtù lo interessano solo nella misura in cui hanno influito sugli eventi. Quindi quando parlerò male di Pisacane, lo farò nell’ottica di Benedetto Croce: OGNI STORIA È CONTEMPORANEA PERCHÉ LA STORIA CONSISTE ESSENZIALMENTE NEL GUARDARE IL PASSATO CON GLI OCCHI DEL PRESENTE ED ALLA LUCE DEI PROBLEMI DEL PRESENTE E L’ATTIVITÀ ESSENZIALE DELLO STORICO NON È CATALOGARE I FATTI, BENSÌ DARNE UN GIUDIZIO. Con gli occhi di oggi incominciamo a dire che Pisacane, a prescindere dalla CONDANNA PER ADULTERIO che subì per la sua relazione con Enrichetta De Lorenzo, ne ha fatte veramente di tutti i colori. Sia ben chiaro io mi guardo bene dal fare COINCIDERE IL VALORE DI UNA PERSONA CON LA SUA INCENSURATEZZA, è una operazione che non mi appartiene e sarebbe smentita nei fatti immediatamente. Gesù, condannato in Tribunale, sicuramente non può considerarsi persona priva di valore; e questo vale per lui e per Galilei, Dante Alighieri, Michelangelo Merisi e tanti altri ancora. Però Pisacane con gli occhi di oggi è sicuramente un CORRUTTORE (si è impadronito della nave Genova-Tunisi durante la notte, con la complicità dei due macchinisti britannici processati per questo fatto e per intervento del loro governo furono dichiarati non perseguibili per infermità mentale). E’ ancora un responsabile di EVASIONE (si è parlato di liberazione di prigionieri politici ma in realtà riuscì agevolmente a liberare 323 detenuti, poche decine dei quali per reati politici, aggregandoli quasi tutti alla spedizione). Infine è sicuramente un capo e promotore di una BANDA ARMATA (venti tra i partecipanti alla spedizione redassero e sottoscrissero un documento che ben rifletteva l’ideologia politica di Pisacane fondata sulla “propaganda del fatto“ che altro non è che l’attuale reato previsto dall’art. 306 c.p.). C’è una ANALOGIA in questo con le BRIGATE ROSSE: in base ai racconti di alcuni dei principali militanti, la decisione di intraprendere la lotta armata sarebbe stata presa in un CONVEGNO TENUTO NELL’AGOSTO DEL 1970 IN LOCALITÀ PECORILE, comune di Vezzano sul Crostolo (RE) a cui partecipò un centinaio di delegati dell’estremismo di sinistra provenienti da Milano, Trento, Reggio Emilia e Roma. IN ENTRAMBI I CASI QUINDI UN ACCORDO RACCHIUSO IN UN DOCUMENTO. Altra analogia con le B.R. è nella tecnica adottata: LA PROPAGANDA DEL FATTO di PISACANE, LA PROPAGANDA ARMATA PER LE B.R. Pisacane fu il teorizzatore in Italia di quella che sarebbe poi diventata la “propaganda del fatto“, ovvero l’azione avanguardista che genera l’insurrezione, l’esempio che consente l’innesco per il propagarsi della necessaria rivoluzione sociale e da questo la necessità di impegnarsi fisicamente e attivamente nell’impresa rivoluzionaria. Le B.R. teorizzarono la «propaganda armata» con attentati dimostrativi all’interno delle fabbriche e sequestri di dirigenti industriali e magistrati. Anche secondo i fondatori e dirigenti, le Brigate Rosse dovevano «indicare il cammino per il raggiungimento del potere, l’instaurazione della dittatura del proletariato e la costruzione del comunismo anche in Italia». Tale obiettivo doveva realizzarsi attraverso azioni politico-militari e documenti di analisi politica detti «RISOLUZIONI STRATEGICHE», che indicavano gli obiettivi primari e la modalità per raggiungerli. Altra cosa che accomuna Pisacane alle B.R.: sia PISACANE che le B.R. entrarono in crisi per l’irreversibile ISOLAMENTO ALL’INTERNO DELLA SOCIETÀ ITALIANA E DI QUELLA CONTADINA e venne progressivamente distrutta grazie alla crescente capacità di contrasto da parte delle forze dell’ordine, e anche grazie alla promulgazione di una legge dello Stato italiano che concedeva cospicui sconti di pena ai membri che avessero rivelato l’identità di altri terroristi. In effetti ricordo ancor oggi che la nostra PROFESSORESSA DELLA SCUOLA MEDIA (una vecchia comunista ortodossa) presentandoci Pisacane, eroe del RISORGIMENTO, lo definì “il primo pensatore e uomo d’azione marxista nella storia d’Italia“. Innanzitutto che la storia del Risorgimento italiano sia tutta da rifare, a cominciare dal NOME, CHE È INSOPPORTABILMENTE RETORICO E MISTIFICANTE, è cosa ben risaputa, almeno fra gli studiosi più seri e avvertiti e nell’ambito del pensiero progressista. Lo schema di un Risorgimento divaricato in due correnti o anime principali, monarchica -liberal-moderata l’una, repubblicana–democratica l’altra, è del tutto insufficiente. In secondo luogo, cara professoressa, gli anni sono passati e la storia me la sono andata a ristudiare per mio conto: e ho compreso che non dicevi la verità, non so se in buona o in cattiva fede. Pisacane non era un marxista per il semplice fatto che, per lui, il comunismo e il collettivismo non erano che un mezzo, certo il più importante, per giungere alla DISTRUZIONE DELLO STATO IN QUANTO TALE, E ALLA DISSOLUZIONE DI OGNI FORMA DI POTERE. Era dunque, a tutti gli effetti e prima di Bakunin un anarchico nel senso più letterale e specifico della parola. Invece i marxisti, se pure all’inizio parlavano anche loro dell’abolizione finale dello Stato (collocandola, però, in un futuro così vago, da sfumare nell’escatologia) erano – e sono – fermamente convinti che l’anarchia è una forma rudimentale, arretrata, sottosviluppata della lotta di classe - se pure non priva di implicazioni reazionarie o, quantomeno, conservatrici. E allora se “la storia è un dialogo fra lo storico che vive nel presente ed i fatti che si sono svolti nel passato“ come si collocano ALL’INTERNO DELLA STORIA IL RIBELLE/ANTICONFORMISTA E IL GRAND’UOMO? L’individuo che si contrappone all’autorità esistente è un prodotto ed un riflesso della società non meno di colui che l’appoggia: RIBELLE E SOVRANO SONO IL PRODOTTO DELLE SPECIFICHE CONDIZIONI DEL LORO TEMPO E DEL LORO PAESE. Essi devono la loro importanza storica alla massa dei loro seguaci e sono importanti in quanto e solo perché fenomeni sociali. Pisacane non può, secondo me, considerarsi un grand’uomo perché non è stato un individuo d’eccezione che ha contribuito a plasmare le forze che lo avrebbero potuto portare alla grandezza come Cromwell, Lenin; non ha cavalcato verso la grandezza in groppa a forze già esistenti come Napoleone, Bismarck.
Avv. Franco Maldonato: Mi sono convinto che la grande Storia è passata da qui e che il Cilento ha svolto un ruolo fondamentale in quell’evento che porta il nome di Risorgimento europeo. Il 12 gennaio – giorno del compleanno di Ferdinando – insorge Palermo e Ferdinando invia una flotta con 5000 uomini, cingendola d’assedio e facendola bombardare dal mare fino al 27. Il 17 gennaio il Comitato napoletano designa Costabile Carducci come capo della insurrezione del Cilento, che l’indomani insorge. La sollevazione del Cilento semina nella Corte uno sconcerto ancora maggiore che gli avvenimenti di Palermo: DEL CARRETTO, Ministro di Polizia, che era stato l’autore della feroce repressione del 1828, si convince che non è più tempo di soluzione militare e propugna – assieme al confessore personale di Ferdinando, mons. Cocle – una soluzione politica, un vero e proprio colpo di stato e viene licenziato. Il 29, dopo aver licenziato Del Carretto e Cocle, Ferdinando fa affiggere un manifesto con il quale annuncia la Costituzione e, con decreto del 1^ febbraio, concede la grazia a tutti i condannati politici dal 1930 in poi. Solo l’8 febbraio Carlo Alberto concede lo Statuto; solo il 13 febbraio il Granduca di Toscana si uniforma. Bisognerà attendere il 13 marzo perché Vienna insorga e scacci Metternich e il 22 marzo perché Milano insorga. E, infine, il 7 aprile perché gli studenti e gli operai parigini si ribellino a Luigi d’Orlèans. Dunque Ferdinando – per ragioni ovviamente tutte interne e senza alcuna intenzione – fu la prima testa coronata d’Europa a concedere la Costituzione e a dare l’abbrivio al ’48 europeo. E questo è un fatto che i nostri giovani devono conoscere e ricordare, perché attiene alla loro identità ed alla loro dignità civica. Ma vi è un altro fatto che mi autorizza a dire che il Cilento ha di nuovo incrociato la grande Storia europea. Dopo la sanguinosa giornata del 15 maggio ’48 – quando Ferdinando impedì il giuramento dei deputati liberamente eletti, schierando le truppe e lasciando sul terreno circa mille morti – il Re aveva scatenato una ferocissima repressione in ogni angolo del Regno, menando nelle putride galere napoletane il fior fiore dell’intellettualità napoletana. Ma soprattutto aveva coperto l’assassinio di Costabile Carducci, ad opera di un sacerdote di Sapri, che aveva sottratto al rigore della giustizia penale, accreditandolo presso la Corte partenopea dopo averlo munificato di un lauto vitalizio mensile. Nel 1851, il Parlamento inglese calendarizza l’interrogazione parlamentare di un deputato di parte conservatrice, Lacy Evans, che chiedeva di conoscere quali iniziative il governo intendesse assumere sul contenuto delle lettere di un altro deputato conservatore, William Gladstone, che era stato a Napoli ed aveva assistito ai processi per i fatti del ’48. Ma soprattutto Evans chiedeva di sapere se fosse vero che il Re in persona aveva fatto arrestare i procuratori e i giudici che avevano avviato l’istruttoria sulle modalità dell’omicidio Carducci. Ferdinando, nel tentativo di impedire il dibattito parlamentare ovvero di incanalarlo lungo binari inoffensivi, assolda giornalisti inglesi mettendo in moto una vera e propria macchina del fango. E’ uno scandalo internazionale e per il Regno delle Due Sicilie comincia un lento ma progressivo isolamento internazionale. Nel ’56, dopo il Congresso di Parigi, Francia e Inghilterra chiedono a Ferdinando la concessione di un’ampia amnistia per i fatti del ’48 e riforme interne. Il Sovrano respinge l’intromissione straniera e Francia e Inghilterra minacciano un intervento armato, limitandosi poi ad interrompere le relazioni diplomatiche. L’isolamento è ormai pressocchè totale e negli stessi ambienti legittimisti, anche dopo la spedizione di Sapri, si va facendo strada la convinzione che occorra sacrificare l’autonomia del Regno per evitare che il Regno soccomba sotto l’incalzare delle istanze repubblicane, in tal modo preparando il terreno che consentirà il successo dell’iniziativa di Garibaldi nonostante il ripristino della Costituzione da parte di Francesco 2°.
Nota finale: Come sempre accade nelle migliori famiglie, alla fine tutti i relatori si sono accomodati alla tavola del Cilento per degustare i prodotti gastronomici tipici locali; il tutto ben organizzato e bagnato da alcune qualità dello splendido vino (bianco e rosso) delle “Cantine Rao” (del dott. Franco Rao di Caserta, medico dentista e viticultore), tra cui il famoso Pallagrello, bianco e rosso. (Giovanni Falci)
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Avv. Franco Maldonato e Avv. Giovanni Falci (Fare clic sull'immagine per ingrandire)
Villammare: 21 e 22 Agosto doppio appuntamento culturale
- Mercoledi 21 agosto 2019 alle ore 22.00 presso la Piazza Belvedere Torre Petrosa in Villammare, nell’ambito della rassegna culturale “Incontri con l’autore”, si terrà la presentazione del libro “Chi ha ucciso Rino Gaetano?” edito da Revoluzione di Bruno Mautone avvocato e scrittore, in collaborazione con l’Assessorato alla cultura del Comune di Vibonati. Introdurrà la serata Gianfrancesco Caputo (Associazione Culturale Proudhon), Vincenzo Folgieri (Associazione Culturale Proudhon) converserà con Bruno Mautone , sarà presente l’Assessore alla cultura del Comune di Vibonati Dott.ssa Genny Gerbase per i saluti istituzionali. La morte di Rino Gaetano fu persino argomento di discussione ufficiale in Parlamento, circostanza, in verità, sottaciuta inspiegabilmente dai mezzi di informazione. L'attenta lettura delle narrazioni del cantautore crotonese fa emergere l'esistenza di una realtà segreta, parallela e diversa rispetto a quella "offerta" alla cognizione e al giudizio della generalità delle persone. La realtà, naturalmente è sempre unica, però quando serve viene manovrata da una ristrettissima élite di superpotenti. Tra gli argomenti di questo libro: Una interrogazione parlamentare che sollevò dubbi inquietanti sul sinistro mortale di Rino Gaetano, una risposta evasiva del Governo e "censura del silenzio" sui massmedia; Una "rosa assassina" e un "pugnale USA" nei brani di Rino Gaetano e le inchieste della Magistratura su la "Rosa dei Venti" e "Gladio"; Nomi ed elementi precisi nei testi gaetaniani che portano a vicende e scandali politici con ruolo attivo e segreto di ambienti diplomatici e Servizi filo-USA in odore di logge massoniche; Gli intriganti parallelismi con una voce giornalistica scomoda, controcorrente, con fonti informative di altissimo profilo; La morte prematura di un caro amico dell'artista e l'attività "misteriosa" presso uffici consolari stranieri; Le sconcertanti vicende post mortem al cimitero del Verano ed una identità che porta alla luce incidenti stradali, all'ombra del platano, procurati da Servizi segreti e assassini.
- Giovedi 22 agosto 2019 alle ore 22 presso la Piazza Belvedere Torre Petrosa in Villammare, nell’ambito della rassegna culturale “Incontri con l’autore”, si terrà la presentazione del libro “Comunità e società del consumo” edito da L’ArgoLibro di Gianfrancesco Caputo saggista e opinionista, in collaborazione con l’Assessorato alla cultura del Comune di Vibonati. Introdurrà la serata Vincenzo Folgieri (Associazione Culturale Proudhon) che converserà con Gianfrancesco Caputo, sarà presente l’Assessore alla cultura del Comune di Vibonati Dott.ssa Genny Gerbase per i saluti istituzionali. “Davanti alla disgregazione della comunità, l’autore propone le sue considerazioni inattuali rilanciando la riscoperta delle idee comunitarie che hanno nella tradizione l’asse portante della cultura. Lo sviluppo culturale di una comunità, e quindi di una società, passa per la tradizione, ovverosia sulla capacità di creare simboli per tramandare conoscenza. In una società in cui si è affermato il capitale finanziario e l’eccessivo consumismo ha creato solo bisogni, le tradizioni, che preservano le identità dei popoli, sono state assassinate perché ritenute un ostacolo ingombrante dal super mercato globale e mondiale. Le posizioni critiche dell’autore sono chiare. Partendo da Aristotele, in questo libro si propone un ritorno alla polis e in maniera più ampia una riscoperta del pensiero comunitario, e dell’idea originaria di comunità, e un rilancio dei suoi valori necessari per rimettere al centro di tutto l’uomo.” (Tratto dalla recensione di Nicola Vacca su “Liberi di scrivere” del 05/03/2018) (Associazione Culturale Proudhon)