La lotta per mantenere i punti nascita a Polla e a Sapri è terminata. La vittoria, che ha molti padri come sempre, giustamente è stata accolta con soddisfazione. Ma l'entusiasmo ha spinto qualcuno a enfatiche imprecisioni: il Cilento [purtroppo] non reclama la vita! Nel Cilento si continua a non nascere (saldo naturale negativo), si continua a non vivere (emigrazione giovanile) e le condizioni socio-economiche di troppi residenti non sono soddisfacenti. Consentitemi di spiegarmi con una metafora. Credo di non sbagliare dicendo che non ci sono due famiglie uguali; fra le tante classificazioni possibili io le suddivido in due categorie. Alla prima appartengono quelle famiglie che ogni giorno condividono gioie, dolori e progetti e i cui componenti si assistono reciprocamente materialmente e moralmente. Alla seconda colloco quelle i cui membri condividono solo alcuni momenti, tristi o lieti (matrimoni, funerali,...), per poi ignorarsi nella quotidianità. Penso che questa classificazione possa applicarsi anche alle comunità e ritengo che quelle del Cilento appartengano alla seconda categoria. Infatti, sembra incredibile come la protesta attiri tanti consensi, non sempre sinceri, e la proposta, l'impegno vadano deserti. Eppure il calo demografico, l'invecchiamento della popolazione, l'emigrazione dei giovani, l'impoverimento, la sofferenza delle poche realtà imprenditoriali sono problemi evidenti. Altrettanto evidente è la dittatura del senso comune; un conformismo e una timidezza collettiva che impediscono persino di vedere realtà locali, non lontane, che, con un impegno comune, hanno creato concreti presupposti di una crescita economica e sociale. Nel Cilento no, sicuramente no a Sapri. I poli sono: da una parte la protesta (richieste) e dall'altra le dichiarazioni d'amore (corredate o meno da foto) per il proprio territorio. L'idea di un impegno continuativo (una o due ore alla settimana?) è aprioristicamente scartato. Eppure credo che il buon senso ci sia e anche i buoni sentimenti. Un esempio: Sapri Democratica ha organizzato un concerto di beneficenza per raccogliere fondi per completare una scuola in Africa. Benissimo, ma non posso evitare di pormi la domanda: perché la stessa associazione, quando ha amministrato la cittadina non ha avviato (almeno) una seria discussione per un progetto SPRAR coniugando solidarietà e opportunità lavorative per i residenti? È solo un esempio di come non si riesca a volere insieme un futuro diverso, più prospero e dignitoso. Certo è un compito arduo ma qualcuno deve pur porsi obiettivi concreti che guardino al futuro; può, chi dice di amare il proprio paese, sottrarsi a questo impegno? Allora cosa fare? Nessuno ha la ricetta per soluzioni durature; bisogna ricercarla insieme. Occorrerebbe che i comitati di lotta si sciogliessero (se tuttora attivi) per riaprirsi subito, forti del consenso intercettato, per acquisire altri contributi e rimodulare pubblicamente gli obiettivi, che il ceto medio (dipendenti pubblici, professionisti,...) desse il proprio contributo e che le associazioni imprenditoriali comprendessero che il loro avvenire sta nella creazione di un "ambiente" più prospero che non si realizza con atteggiamenti di tipo corporativo. Il tutto fatto pubblicamente, apertamente, con umiltà e orgoglio; ciascuno consapevole di essere responsabile, poco o molto, del presente e del futuro di questo territorio e delle condizioni della sua popolazione. Concludo con un augurio di buon 2019, che il nuovo anno marchi una discontinuità rispetto al passato con cittadini attivi e dignitosi attenti al benessere collettivo e che non si ritirino pensando "si però... gli altri..." (Massimo Calise) Massimo Calise
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