Si parla molto di riforme, di sostanziali modifiche ad uno stato di cose per rispondere a esigenze di rinnovamento e di adeguamento ai tempi. Alcune di esse vorrebbero modificare, da un punto di vista istituzionale/amministrativo, l'assetto territoriale dell'Italia; mi riferisco alla Fusione dei Comuni e alle Macroregioni. Per quanto riguarda quest'ultime sono state avanzate diverse proposte di riforma costituzionale per la loro creazione: nuovi organismi che, accorpando le attuali regioni o parte di esse, le sostituiscano. Personalmente l'idea delle Macroregioni non mi convince. Mi sembra un tentativo di aggirare i problemi affidandosi all'ingegneria istituzionale. Ma perché, ad esempio, la "Regione Tirrenica", ossia la Campania più le province di Latina e Frosinone, dovrebbe rappresentare un passo in avanti? E il Cilento che oggi si sente, a torto o a ragione poco importa, dimenticato ed emarginato nella Regione Campania, si sentirà più considerato nella Regione Tirrenica? E, si badi bene, non è un problema di disegno dei confini fatto in un modo anziché in un altro. Possiamo credere che i problemi posti dalla corruzione, dagli sprechi e dalla mancanza di efficienza diventino micro nelle Macroregioni? Certo esiste un reale problema dei costi delle istituzioni elettive ma può essere questo il solo criterio di scelta? L'Assemblea regionale, costa a ciascun cittadino della Valle d'Aosta, ben 131,59 euro l'anno, ad un cittadino campano ne costa 8,09 euro. Tale divario si spiega con la ripartizioni dei costi dell'assemblea fra un numero di abitanti notevolmente diverso: è ovvio che il costo dell'Amministratore incide maggiormente sui condomini in un piccolo edificio che su quelli di un palazzone. Tuttavia credo che gli abitanti della Valle d'Aosta considerino anche altri fattori. Infatti possono essere soddisfatti dei motivi per cui il loro capoluogo è in cima alla classifica del "Il Sole 24 Ore" per la vivibilità (sesto posto nel 2014) mentre Salerno è solo al novantatreesimo posto! Le macroregioni, si sostiene, faciliterebbero piani di sviluppo complessivi. Forse, ma i grandi progetti hanno spesso dimensioni internazionali e nessuno, credo, pensa di abolire del tutto le regioni per facilitare lo sviluppo di piani europei. In realtà trovare una giusta dimensione territoriale per le autonomie locali non è cosa semplice; coinvolge molteplici aspetti di natura diversa: geografici, storici, culturali, economici, … . Tuttavia noto che la proposta d'istituire macroregioni gode di una popolarità che non sempre ha motivazioni positive. Infatti incide e stimola, al nord come al sud, un sentimento di rivalsa per ingiustizie, vere o presunte, subite dal Governo centrale o da altre aree del paese, risveglia un malinteso senso di identità. Non è un caso che, accanto a iniziative serissime, ve ne siano di pittoresche: "La grande Lucania", il "Principato d'Arechi", … . Insomma più che incentivare la cooperazione le Macroregioni sembrano far leva e stimolare un separatismo sterile. Si aggiunga che sarebbero calate dall'alto senza chiamare all'impegno i cittadini, senza che alcun politico locale ci debba metterci tempo e "faccia". A parole si dedicano anima e corpo al territorio ed al suo futuro; nei fatti guardano a ciò che dia un ritorno immediato, un facile consenso da incassare appena possibile. La Fusione dei Comuni è, a differenza delle Macroregioni, una realtà prevista dalla legge, finanziata dallo Stato e già attuata nell'Italia centro-settentrionale. Più Comuni limitrofi decidono di fondersi in un unico ente. È una riforma che parte dal basso: sono i cittadini che decidono con un referendum. I pregi della Fusione rappresentano, paradossalmente, altrettante difficoltà. Richiede ai cittadini spirito di cooperazione, l'abbandono di vecchi campanilismi, un maggiore e diverso spirito civico. Richiede ai politici e agli amministratori locali di essere parte attiva, toccherebbe a loro avviare l'iter burocratico. Insomma la Fusione dei Comuni presuppone un rinnovamento culturale che scoraggia molti ma che, a mio avviso, dà l'esatto valore della posta in gioco. Richiama la necessità di una pressione democratica che tolga alibi ad ogni colpevole inerzia. In conclusione. È evidente che Macroregioni e Fusione dei Comuni non sono soluzioni alternative ma un impegno serio che richiede una scelta. E io ho scelto di impegnare le mie modeste possibilità per sollecitare la discussione e, perché no, la realizzazione di Fusioni nel Mezzogiorno. Per muoversi in questa direzione non occorrono annunci o iniziative burocratiche/amministrative ma un serio e continuo impegno che guardi al futuro prossimo, e che rimuova il disfattismo e la pigrizia che attanaglia le popolazioni meridionali; che abbandonino finalmente l'inerzia per l'impegno. (Massimo Calise) Massimo Calise
|