L'intervento Agnelli, fine ingloriosa di Pasquale Scaldaferri Il terremoto giudiziario che ha decapitato i vertici della Juventus, con la richiesta di arresti per il presidente Andrea Agnelli e altri componenti attuali e passati del consiglio di amministrazione, getta un'ombra inquietante non solo sulla società bianconera, ma sull'intero movimento calcistico. D'acchito la vicenda che appare peggiore di "calciopoli" -allorché nel 2006 ancora i bianconeri furono travolti da uno scandalo senza precedenti, coinvolgendo con pesanti illeciti anche alcuni arbitri italiani pilotati e venduti, che ne provocò la retrocessione a tavolino in serie B- si sta ormai estendendo a macchia d'olio, con risvolti penali, amministrativi e, naturalmente, sportivi. La lente d'ingrandimento con cui la procura di Torino ha portato alla luce un perverso intreccio economico-finanziario-amministrativo, squarcia il velo d'omertà sulla gestione poco virtuosa, ai limiti del lecito, sicuramente approssimativa e pasticciona di alcune società di calcio, Juventus in primis. Secondo i pm Marco Gianoglio, Mario Bendoni, Ciro Santoriello, titolari dell'inchiesta Prisma -che tra intercettazioni, perquisizioni e documenti sospetti hanno prodotto la richiesta di rinvio a giudizio per 12 dirigenti, più la Juventus come persona giuridica e su cui pende la responsabilità dell'ente per reati societari, abusi di mercato, manipolazioni e reati tributari- l'assunto accusatorio si fonda su "un'allarmante situazione economica, patrimoniale, finanziaria, di cui erano tutti a conoscenza". Il quadro a tinte fosche è raffigurato nel voluminoso carteggio di oltre 500 pagine, in cui i magistrati con circostanziata perizia sottolineano pesanti irregolarità, oltre a conversazioni imbarazzanti come quella del direttore sportivo, Federico Cherubini, il quale intercettato ammette: "Certe sere tornavo a casa e mi veniva da vomitare". Bilancio artefatto, manipolazione del mercato, false comunicazioni di società quotata in Borsa, emissione di fatture false, aggiotaggio, ostacolo nell'esercizio delle funzioni dell'autorità di vigilanza, i reati contestati dai magistrati di Corso Vittorio Emanuele II, 130. Lavorando alacremente, gli investigatori torinesi hanno posto nel mirino non solo il presidente Andrea Agnelli, ma anche il fido vicario Pavel Nedved e l'amministratore delegato, Maurizio Arrivabene, già protagonista dei flop in Ferrari, per "l'incapacità di guidare e ispirare" -come scrisse il giornalista britannico Mark Hughes su Motorsport Magazine. Per il presidente Agnelli, il capo dell'ufficio legale, Cesare Gabasio e l'ex direttore sportivo, Fabio Paratici -oggi sodale di Antonio Conte al Tottenham e nelle pagine dell'inchiesta dipinto come un autentico deus ex machina- era stato chiesto l'arresto in regime di custodia cautelare ai domiciliari, ma il gip, Ludovico Morello "pur rimarcando le condotte illecite, al punto che si condivide con la pubblica accusa la sussistenza di gravi indizi", aveva rigettato la richiesta di provvedimenti restrittivi, non esistendo alcun pericolo di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato. Ma è anche sull'intercettazione dell'ex direttore finanziario del club, Marco Re ("Con la favola di dire che il covid ha mangiato 340 milioni, si allunga il naso a chiunque") che pone l'accento l'inchiesta Prisma e fa tremare i piani alti della società di via Druento, 175. Mentre da Roma il tremebondo presidente della Figc, Gabriele Gravina, dal suo ufficio di via Allegri -ironia della sorte omonimia con l'allenatore della Juventus- invita alla calma, suggerendo che potrebbero esserci altre società coinvolte, farebbe cosa buona e giusta a chiarire cosa stesse facendo a novembre del 2021 in un incontro organizzato da Agnelli "in via riservata con l'obiettivo di aumentare i ricavi nel calcio", in una tenuta di Fiano (Torino), all'interno del parco della Mandria, lontano da orecchie e occhi indiscreti. Quasi un excusatio non petita accusatio manifesta che finisce col rendere ancor più densa la fitta coltre di nebbia, piuttosto che diradarla. Come se la gravità di un modus operandi si misurasse dal numero di persone, invece che dalla condotta lecita o fraudolenta. Il Re Travicello del calcio italiano, noto per la sublime capacità di non decidere, anche stavolta si è smarrito davanti al ciclone giudiziario che investe la dirigenza juventina. Viceversa, il presidente Uefa, Aleksander Ceferin, pentito padrino di battesimo di Vera Nil, ultima nata di Andrea Agnelli e Deniz Akalin, ha già messo in moto la macchina di controllo del massimo organismo europeo del football, con cui "si riserva il diritto di intraprendere qualsiasi azione legale appropriata e di imporre misure disciplinari in conformità con le norme procedurali Uefa applicabili". Lo scopo è accertare eventuali irregolarità nei bilanci degli anni "incriminati" 2018-2021. L' inchiesta penale corre parallela, ma distinta da quella sportiva. E se fanno riflettere il pensiero del saggio, competente ed equilibrato Giovanni Cobolli Gigli, ex presidente post calciopoli dal 2006 al 2009, inerente a dimissioni "spintanee" e non spontanee, o la battuta al vetriolo di Ceferin su Agnelli "la cui avidità è così forte che sconfigge tutti i valori umani", il giro di denaro di cui non ci sarebbe traccia sui bilanci e che riguarderebbe debiti per decine di milioni relativi alla compravendita di giocatori, è da capogiro. Tra questi 19 milioni da restituire a Cristiano Ronaldo, secondo una scrittura privata ancora da ritrovare, ma che gli inquirenti sono certi di aver ricostruito nei dettagli. In ballo plusvalenze artificiali per 155 milioni di euro, bilanci taroccati, doping amministrativo, operazioni fittizie per oltre 170 milioni di euro. Procura e Consob hanno posto pesanti rilievi, con l'Autorità di vigilanza sulle società quotate che ha stimato come incongrue o addirittura opache alcune operazioni incrociate. In caso di acclarate responsabilità dei legali rappresentanti della Juventus, gli effetti deflagranti non potrebbero risparmiare la sfera sportiva, con la revoca dei titoli conquistati fino al declassamento nella serie inferiore, ossia retrocessione in "B". Infatti, il comma 2 dell'articolo 31 del codice di giustizia sportiva, non ammette equivoci. Se dovesse risultare che la società bianconera ha falsificato i dati contabili per iscriversi al campionato, le sanzioni sarebbero pesantissime. Ecco perché il procuratore federale, Giuseppe Chinè ha chiesto e ottenuto dai colleghi di Torino tutta la documentazione ed è già al lavoro per accelerare sul filone sportivo dell'inchiesta i cui verdetti arriveranno già in primavera, tra aprile e maggio. Giornate turbolente per il rampollo della famiglia Agnelli, preoccupato più dal far sottrarre il fascicolo alla Procura di Torino che incamminarsi verso una fine ingloriosa. E pensare che voleva passare alla storia per il record di scudetti consecutivi vinti in Italia, ma sarà ricordato per il declino irreversibile di una dinastia toccata in tre lustri da due scandali, per il primato di finali di Coppa Campioni perse e, forse, aver impreziosito il suo ineguagliabile palmarès: far scendere in serie B l'amata Signora per la seconda volta nella storia, per illecito. Anche questo è un record! (Pasquale Scaldaferri) 
 Pasquale Scaldaferri
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