Il perdente di successo, Enrico Letta, ancora una volta si è dimostrato infallibile architetto di squadre battute già prima di iniziare una gara. Più attento ai tatticismi che alle strategie, il pisano sarà ricordato nel grigiore di queste stagioni politiche per il rapporto parentale con zio Gianni, fido consigliere dell'ex cavaliere, piuttosto che come salvatore dell'amorfo Partito Democratico. Anzi, il suo ritorno dal dorato "esilio" francese e l'autocandidatura alla guida dei nipotini di Romano Prodi, hanno evidenziato nella forma più profonda la sua totale assenza di leadership. Neppure Occhetto nel 1994, con la scalcagnata macchina da guerra, l'impalpabile Rutelli nel 2001, avevano con temeraria sfrontatezza adottato un simile autolesionismo. E nel 2008 l'inconsistente Veltroni che aspirava all'America -ma di americano conserva soltanto la W del nome- fallace benefattore della promessa di andare in Africa per dedicarsi al volontariato nel caso di una debacle elettorale, puntualmente registrata, preferì restare nel Belpaese e virare verso la lauta retorica sportiva, mai efficace per i lettori, ché sempre pregna di vuota filosofia. L'accademico toscano -erede del buonismo "cattocomunista"- è andato oltre e pensando di essere facitore di una grandeur, assalito dalle fisime della coalizione ampia, ha depauperato l'unico cartello elettorale in grado di garantire una competizione non ìmpari con lo schieramento di destra, ovvero l'apparentamento con il Movimento 5Stelle di Conte, depurato finalmente dal velleitarismo di Di Maio e dei suoi sodali e bonificato dal fanatismo macchiettista di alcuni interpreti. Il perdente di successo si è lasciato "infinocchiare" prima dal supponente Calenda, quindi sedurre dai partitini con percentuali da "zerovirgola" -proprio quelli che hanno sempre osteggiato la cosiddetta "Agenda Draghi", che l'irresoluto segretario democratico pone demagogicamente al centro del programma- consegnando in un sol colpo l'Italia nelle mani di Salvini e Meloni. Prima del 25 settembre. Ma forse la sua anima masochista riuscirà a sortire un risultato già prima del responso delle urne. Maturare l'idea di rientrare a Parigi e stavolta essere più credibile e affidabile del comunista con la W, che voleva fare l'americano per approdare a Palazzo Chigi, incapace anche di tenere fede alla parola data: andare in Africa e fare qualcosa di utile. (Pasquale Scaldaferri)
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